Ceramica a vernice nera

Simon Dienst

La ceramica a vernice nera (CVN) raggruppa il vasellame da tavola ricoperto in gran parte da un ingobbio scuro che può essere nerastro, bluastro, metallescente o, più raramente, marrone. Prodotta inizialmente in Grecia e nel Mediterraneo orientale, è prima importata e poi prodotta, a partire dal IV secolo a.C., dalle botteghe locali in Italia, e successivamente nel Mediterraneo occidentale, fino alla fine della Repubblica Romana. Dal periodo tardo repubblicano sorgono grandi botteghe campane ed etrusche. Il vasellame originario di questi centri è così diffuso da far attribuire a questa classe ceramica la denominazione erronea di “ceramica campana” o “etrusco-campana”. Alcuni vasi che condividono lo stesso repertorio tipologico presentano una vernice parzialmente o totalmente rossa, a causa di una cottura imperfetta o per una scelta che segue l’evoluzione dell’estetica e che ha condotto all’adozione della terra sigillata italica. Tali vasi a vernice rossa sono considerati, nell’ambito di ONICer, una sottoproduzione della ceramica a vernice nera.

Il primo importante studio tipologico sulle produzioni campane è realizzato nel 1952 da N. Lamboglia, il quale le classifica in tre gruppi. La sua classificazione tipologica tiene conto sia degli impasti sia della forma generale. Dopo molti lavori, il catalogo ragionato delle forme ceramiche di J.-P. Morel viene pubblicato nel 1981. La sua ambizione è quella di classificare tutta la ceramica a vernice nera attraverso criteri puramente formali, a volte molto arbitrari, senza tener conto dell’impasto. Sebbene non si tratti di una tipologia in senso stretto (l’unità di base del catalogo è l’esemplare, più che il tipo), essa viene usata come tale da molti ricercatori. In seguito vengono pubblicate diverse sintesi tipologiche che riprendono le classificazioni fatte da N. Lamboglia e da J.-P. Morel. Attualmente le ricerche su questa produzione si concentrano principalmente sul mettere in evidenza l’evoluzione delle facies locali o sono ricerche di tipo archeometrico.

Il sistema di riferimento adottato in ONICer mira ad essere utilizzabile in tutto il bacino mediterraneo occidentale. Si basa sulla sintesi tipologica del Lattara 6 ma senza fare una classificazione in base all’impasto. Sono state fatte delle aggiunte sulla base di diverse altre sintesi (Brecciaroli Taborelli 2005, Stanco 2008a-b), come anche sulle ceramiche ritrovate nella regione romana (in particolare Olcese & Coletti 2016). A questo corpus iniziale sono stati aggiunti diversi altri tipi sulla base della loro frequenza nel catalogo delle forme del 1981.

La classificazione riprende sia i numeri della tipologia di N. Lamboglia (come applicati nella tipologia del Lattara 6) sia quelli dell’opera di J.-P. Morel, a seconda della loro pertinenza. Il raggruppamento di tipi inizialmente separati da uno dei due ricercatori è stato effettuato sulla base del principio secondo cui due tipi non possono essere distinti a meno che le loro specificità non siano dovute ad una marcata (e quindi consapevole) differenza nel gesto del vasaio (cambiamento significativo delle dimensioni, presenza di scanalature, carena, controcurva…). In alcuni casi (come per la forma Lamboglia 27a-b), per l’importanza loro attribuita da alcuni ricercatori, è sembrato opportuno indicare tra parentesi le suddivisioni fatte da J.-P. Morel.

La tipologia separa le forme aperte con tesa (o orlo ben distinto) da quelle con orlo semplice, i vasi per bere chiusi (skyphoi, kantharoi, bicchieri, boccali), i vasi e i piccoli crateri, le brocche e i vasi apparentati, i grandi crateri e gli stamnoi e altre forme meno frequenti. Il prefisso è o “Lamboglia” (quando è indicato solamente il numero del tipo) o “Morel” (quando il numero è preceduto da una “M.”).

Bibliografia

Brecciaroli Taborelli L., « Ceramica a vernice nera », dans La ceramica e i materiali di età romana. Classi, produzioni, commerci e consumi, Bordighera, 2005, pp. 59-103.

Castanyer P., Sanmartí E., Tremoleda J., « Atelier des petites estampilles » et « Céramiques à vernis noire de Roses », dans Dicocer : dictionnaire des céramiques antiques (VIIème s. av. n.è.-VIIème s. de n.è.) en Méditerranée nord-occidentale (Provence, Languedoc, Ampurdan), Lattara 6, Lattes, 1993, pp. 525-526 et 542-544.

Lamboglia N., « Per una classificazione preliminare della ceramica campana », dans Atti del I Congresso Internazionale di Studi Liguri (1950), Bordighera, 1952, pp. 139-206.

Morel J.-P., Céramique campanienne : les formes, Rome, 1981.

Olcese Gl., Coletti C. (dir.), Ceramiche da contesti repubblicani del territorio di Ostia, Rome, 2016.

Py M., plusieurs contributions « Céramique à reliefs d’applique de Calès et productions apparentées », « Campanienne A », « Campanienne B », « Campanienne C », « Céramique campanienne à pâte grise du type de l’épave de Giens », « Céramique dérivée de la campanienne A » et « Céramique dérivée de la campanienne C », dans Dicocer : dictionnaire des céramiques antiques (VIIème s. av. n.è.-VIIème s. de n.è.) en Méditerranée nord-occidentale (Provence, Languedoc, Ampurdan), Lattara 6, Lattes, 1993, pp. 144-145, 146-150, 151-152, 153-154, 155, 398-399 et 400-401.

Stanco E.A., « Ceramica a vernice nera », dans Ceramica romana. Guida allo studio I, Rome, 2008a, pp. 19-90.

Stanco E.A., « Ceramica a vernice rossa », dans Ceramica romana. Guida allo studio I, Rome, 2008b, pp. 91-104.